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Il Delirio del Pazzo (20/03/2009)

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Messaggio  tergesteo Ven Giu 04, 2010 12:57 am

Tergesteo montava di guardia sugli spalti del castello.
Ai suoi piedi i fuochi accesi dai viandanti e dai militi accampati danzavano nell'oscurità della notte.
Sembreva che le stelle per quella notte si fossero accomodate al suolo.

Udì, lontano , l'ululato di un cane.
Lo immaginò anche, il pelo irto, la testa all'insù, , nel più fondo silenzio di mezzanotte, quando anche i cani credono agli spettri. Proprio allora la luna piena, in un silenzio di morte, saliva sul castello, proprio allora si era fermata, una sfera incandescente, tacita, sugli spalti : ciò aveva inorridito il cane: perché i cani credono ai ladri e agli spettri.

Tergesteo osservava la luna, ipnotizzato. Sembrava che il grande argenteo astro volesse inghiottirlo … che ..che ella s'avvicinasse fino a toccarlo : negli occhi null'altro che un chiarore opaco, sidereo.
Sentì ad un tratto bisbigliare delle voci. Centinaia di sussurri lo avvolgevano, con tonalità diverse, ma sempre sommesse, incomprensibili, orribili, raggelanti.


Tergesteo lascò cadere la spada, chiuse violentemente gli occhi, si coprì le orecchie con le mani in un vano ed esremo tentativo di proteggersi.
Cadde a terra, si contorse? Donde veniva quella luce? E tutto quel bisbigliare? Stava sognando? Era sveeglio? D'un tratto gli parve di trovarsi in mezzo a orridi macigni, solo, desolato, al più desolato dei chiari di luna.

Ma qui giaceva un uomo! E proprio qui! Un cane, che saltava, col pelo irto, guaiolante, adesso lo vide accorrere e allora ululò di nuovo, urlò: aveva mai sentito prima un cane urlare aiuto a quel modo?


“E, davvero, ciò che vidi, non l'avevo mai visto. Vidi un giovane nobile rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca.
Avevo mai visto tanto schifo e livido raccapriccio dipinto su di un volto? Forse, mentre dormiva, il serpente gli era strisciato dentro le fauci e lì si era abbarbicato mordendo.
La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava invano! Non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: "Mordi! Mordi! Staccagli il capo! Mordi!", così gridò da dentro di me: il mio orrore, il mio odio, il mio schifo, la mia pietà, tutto quanto in me buono o cattivo gridava da dentro di me, fuso in un sol grido.
Voi, uomini arditi che mi circondate! Voi, dediti alla ricerca e al tentativo, e chiunque tra di voi si sia mai imbarcato con vele ingegnose per mari inesplorati! Voi che amate gli enigmi!
Sciogliete dunque l'enigma che io allora contemplai, interpretatemi la visione !
Giacché era una visione e una previsione: Chi è il nobile, cui il serpente strisciò in tal modo entro le fauci?

Il nobile, poi, morse così come gli consigliava il mio grido: e morse bene! Lontano da sé sputò la testa del serpente; e balzò in piedi.
Non più nobile, non più uomo, un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!
Udii un riso che non era di uomo. “.


Silenzio.
I primi albori dell'alba. Il canto d'un uccello.

Lo trovarono che ancora tremava con gli occhi fissi nel vuoto.
Alcuni compagni gli recarono una coperta e lo accompagnarono alla caserma dei gendarmi ove vi si potesse prendere cura di lui.

“Tergesteo, calmati, … racconta, cosa è successo? Cosa hai visto?”Non gli era ancora possibile dire nulla, e se ne stava così a fissare il vuoto e scuotere il capo.
Solo dopo molto tempo potè raccontare la sua visione.


Ultima modifica di tergesteo il Ven Giu 04, 2010 12:59 am - modificato 1 volta. (Motivazione : Tergesteo)

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Messaggio  tergesteo Ven Giu 04, 2010 12:59 am

La visione terrifica della notte precedente aveva indubbiamente scosso l' ex caporale dell'esercito.

Per distrarsi pensò di frequantare unadelle taverne di Milano.
Entrò e subito si immerse in una delle discussione che riguardavano i noti fatti di Milano.
Un esponenete di spicco della politica milanese accusava i ribelli, alcuni Porcelli Mannari esponevano le loro ragioni. Discorso tra sordi, come facile intuire.
Fu tuttavia affascinato dalla dialettica e dal pragmatismo dall'esponente lealista e Tergesteo ascoltò ed intervenì , ma trattandosi di uomo d'arme poco avvezzo alle sale consigliari si rese conti di aver fatto una magra figura.
Si alzò e salutò i presenti , pronto a ritornare a difesa del castello.
Rammentava alcuni brandelli della conversazione.

“Voi, traditori, cosa credete di aver fatto? Ne vedrete le conseguenza se sarete ancora sul suolo milanese... invero avete soltanto portato il sospetto e la discordia ma sappiate che se anche tutto sembra diverso, tutto resta uguale”.

Tutto diverso, tutto uguale.
Tutto diverso, tutto uguale.
Tutto diverso, tutto uguale.


“E a quel punto compresi.
Una folgore di diamante si conficcò nella mia fronte. E tutto mi apparve vero, giusto, cristallino, puro.
.
Spezzare con un colpo di spada gli antichi valori. Spezzare il rituale ritorno degli eventi.
No nulla sarà uguale. Non più.
Non noi.
Non voi.
Non io.


Abbiamo fatto sì che al serpente circolare fosse staccata la testa ma ahimè essi non hanno riso. Del riso sovrumano ne hanno fatto scherno e sonoro disprezzo.
Essi non vogliono riscrivere nuove tavole di valori ma non ne faccio loro una colpa.
E ancora non comprendono il dono che a loro è stato recato.
Hanno visto morire un nobile pingue e sonnacchioso perchè si risvegli in un giovane vigoroso e guerriero.

Ma essi hanno abbandonato la dimora del guerriero.
Essi non hanno compreso.
Il tuono che hanno udito li ha resi sordi, la folgore ciechi.


Ma non ne faccio loro una colpa.

Spero solo che non mi facciano il torto di risparmiarmi. Questo non glielo perdonerei.
Questo no.”


Tergesteo camminava coma inebetito.
Senza renderesene conto arrivò sugli spalti, in faccia alla luna cattiva che sembrava attenderlo.

Ancora quell'ululato. Lo stesso. Identico.
Un ululato che sembrava come una condanna.

Il ribelle chiuse gli occhi ed ecco come da un abisso cominciò ad essere investito da una tempresta di frasi sconnesse.


“"Vuoi tu ritirarti in solitudine? Vuoi tu cercare da te stesso la via? Indugia ancora un poco e ascoltami.

'Chi cerca, perde facilmente se stesso. Ogni isolamento è colpa': così parla la massa. E tu appartieni da lungo tempo alla massa.


La voce della massa risuonerà ancora in te. E quando tu dirai: 'Io non sono più una sola coscienza con voi', le tue parole risuoneranno come un lamento e un dolore.

Oggi tu soffri ancora a causa dei molti, tu, l'uno: oggi tu hai ancora tutto il tuo coraggio e le tue speranze.
Ma un giorno l'isolamento ti renderà stanco, un giorno il tuo orgoglio ti piegherà e il tuo coraggio si sgretolerà. Allora tu griderai: 'Io sono solo!'


Un giorno tu non vedrai più la tua altezza e sentirai troppo vicino quanto in te è basso; la tua stessa sublimità ti farà paura come un fantasma. Allora tu griderai: 'Tutto è falso!'

Vi sono sentimenti che cercano di uccidere il solitario; se non vi riescono, sono condannati a morire! Ma tu sapresti essere un assassino?
Tu conosci bene la parola 'disprezzo'. E l'angoscia della tua giustizia, del dover essere giusto verso coloro che ti disprezzano?
Tu costringi molti a mutare opinione nei tuoi riguardi; di ciò ti fanno gran carico. Tu sei giunto loro vicino, ma sei passato oltre: non te lo perdoneranno mai.
'Come volevate essere giusti con me!' tu devi dire. 'Io eleggo la vostra ingiustizia come la parte che mi spetta!'

Ingiustizia e sudiciume essi vomitano sul solitario: ma se tu vuoi essere un astro, non devi per questo meno illuminarli!

E guardati poi dai buoni e dai giusti! Ben volentieri essi crocifiggono quelli che si trovano da se stessi le proprie virtù; odiano il solitario.
Guardati anche dal santo candore! Tutto ciò che non è ingenuo, gli appare profano.


E guardati altresì dagli attacchi del tuo amore! Troppo velocemente il solitario stende la mano a chi incontra.
A certi uomini tu non devi dare la mano, ma solo la zampa: e io voglio che la tua zampa abbia anche gli artigli.
Ma il peggior nemico che tu puoi incontrare, sei sempre tu stesso; tu stesso sei, che stai in agguato nelle caverne e nelle foreste.

Solitario, tu percorri la via del creatore: creare nuove tavole e nuovi valori.
Solitario, tu percorri la via dell'amante: tu ami te stesso e perciò ti disprezzi, come sanno disprezzare gli amanti.

Con il tuo amore e con la tua creazione vai verso il tuo isolamento, fratello mio; più tardi la giustizia ti verrà dietro zoppicando.
Con le mie lacrime vai verso il tuo isolamento.

Io amo colui che vuole creare oltre se stesso e così perisce."

Riaprì gli occhi e il silenzio gli parve insopportabile.
Pensò. Era terrorizzato
.“Sono diventato pazzo...o forse ….”


Ultima modifica di tergesteo il Ven Giu 04, 2010 12:59 am - modificato 1 volta. (Motivazione : Tergesteo)

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Messaggio  tergesteo Ven Giu 04, 2010 1:00 am

Ed ecco, giunse l'ultima oscura visione.
Tergesteo nella sua mente malata vide materializzarsi un enorme retttile, simile ad una grande lucertola di porpora : ella emerse dalle acque di uno stagno avvolto dalla nebbia.
E così parlò.


""Da qualche parte esistono ancora popolazioni e greggi, ma non da noi; noi abbiamo degli Stati.

Stato? Che cosa è mai? Ebbene! Aprite le orecchie, perché sto per dirvi la mia parola sulla morte dei popoli.
Stato si chiama il più freddo di tutti i freddi mostri. Freddo anche nel mentire; una menzogna che lingueggia dalla sua bocca: 'Io, lo Stato, sono il popolo'.

È una menzogna! Creatori erano coloro che crearono i popoli e trasmisero in loro una fede e un amore: e così servirono la vita.
Ma distruttori sono questi che tendono trappole e le chiamano Stato .
Dove esiste ancora un vero popolo, questi non ammette Stato, che anzi odia come una iettatura e un peccato contro il costume e il diritto.

Io vi do questo segno: ogni popolo parla il suo linguaggio del bene e del male: il vicino non lo cornprende. E quello infatti un parlare che si è inventato da sé, secondo il costume e il diritto.
Ma lo Stato mente in tutte le lingue riguardo al bene e al male: mente, qualunque cosa dica; e anche ciò che ha lo ha rubato.

Tutto in lui è falso; con denti rubati morde, il mordace. Persino le sue interiora sono false.
La corruzione delle espressioni sia del bene che del male è il contrassegno dello Stato. Invero questo contrassegno indica volontà di morte. E in realtà, attrae i predicatori di morte!
Molti, troppi sono stati messi al mondo: per i superflui è stato creato lo Stato!
Guardate, dunque, come esso li alletta, i superflui! Come li inghiottisce e li mastica e li rimastica!
'Sulla terra nulla vi è più grande di me: io sono il dito ordinatore dell'Altissimo ': così rugge la belva. E cadono in ginocchio non soltanto coloro che hanno lunghi orecchi e vista corta!

Ohimè, anche a voi, grandi anime, mormora le sue tristi bugie! Ohimè, individua i cuori ricchi, che si sanno prodigare!
Sì, ha individuato anche voi, o vincitori degli antichi valori ! Se vi stancherete del combattimento, esso fagociterà anche voi.

'Desidera circondarsi di eroi e uomini d'onore, il nuovo idolo! Ben volentieri si delizia della luce solare delle coscienze pulite, la fredda bestia!
Tutto vi vuole dare, se voi lo adorate, il nuovo idolo: così acquista la magnificenza delle vostre virtù e lo sguardo dei vostri occhi orgogliosi.
E con voi egli vuole adescare le moltitudini in eccesso! È un'opera infernale che così è stata inventata, un cavallo di morte, tintinnante nelle guarnizioni di onorificenze divine! -
Una morìa per molti è stata così ideata, che si pavoneggia come vita: ma in realtà è un servizio reso dal cuore a tutti i predicatori di morte!
Ecco lo Stato, dove tutti bevono veleno, buoni e cattivi: lo Stato, dove tutti si perdono, buoni e cattivi: lo Stato, dove il lento suicidio di tutti si chiama 'vita'.

Guardateli, questi superflui! Sono sempre malati, vomitano la loro collera e la chiamano 'democrazia. Si divorano l'un l'altro e non riescono neppure a digerirsi.
Guardateli, questi superflui! Si procurano ricchezze e con queste divengono più poveri.
Guardate come si arrampicano, le agili scimmie! Si avviticchiano l'una sull'altra e così si trascinano nella melma e nell'abisso.

Dove lo Stato finisce, comincia l'uomo che non è superfluo: comincia il canto della necessità, la melodia singolare e irrepetibile.


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